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Calabria, no al carbone

8 novembre 2010 Nessun Commento

AMBIENTE. Domani si riunisce per la prima volta il comitato per il no alla centrale di Saline Joniche. Un progetto che, secondo Legambiente, causerà solo danni. Economici, ambientali e alla salute degli abitanti.

Ancora in piazza. Ancora contro una decisione del ministero dell’Ambiente. Ancora in Calabria. È, infatti, fissato per domani, il primo appuntamento di piazza dei cittadini che si oppongono alla costruzione della centrale termoelettrica a carbone di Saline Joniche, in provincia di Reggio Calabria. Servirà a creare un coordinamento tra tutte le istituzioni e le associazioni che hanno già espresso la loro contrarietà al progetto. E decidere le azioni da mettere in campo.
Alla fine dello scorso mese di ottobre, il ministro Prestigiacomo aveva conferito la Via (Valutazione di impatto ambientale) all’impianto, scatenando le ire degli ambientalisti, degli enti locali e di gran parte della popolazione. Progetto della svizzera Sei spa, la centrale verrà costruita in una zona ad uso industriale nell’ex stabilimento Liquichimica.
 
Dopo Civitavecchia, Vado Ligure, Fiumesanto e Porto Tolle, la nuova centrale a carbone di Saline Joniche porterà il nostro Paese a superare i 32 milioni di tonnellate di CO2 in più all’anno prodotte dagli impianti autorizzati, che diverranno 39 milioni circa con i via libera futuri. Un livello di emissioni altissimo che contrasta in modo evidente con l’impegno assunto dall’Italia in sede europea per ridurre i gas serra di 60 milioni di tonnellate entro il 2020. Come sottolineato dal dossier di Legambiente “Carbone: vecchio, sporco e cattivo”, l’uso di questo fossile rappresenta il maggiore pericolo che il nostro Paese ha di fronte se vuole raggiungere gli obiettivi previsti dall’Unione europea che impone all’Italia una riduzione vincolante del 5,2 per cento rispetto al 1990 da raggiungere entro il 2020. Sommando tutti i superamenti delle 12 centrali a carbone, il costo per il mancato rispetto dei limiti Ets ammonta per il 2008 a 88 milioni di euro.
 
Un prezzo che verrà interamente addebitato sulle bollette degli italiani e nei prossimi anni sarà destinato ancora ad aumentare: tra il 2009 e il 2012, infatti, il costo che le famiglie italiane dovranno sostenere per il mancato rispetto degli impegni internazionali potrebbe superare il miliardo di euro. A regime, la centrale emetterà circa 7 milioni e mezzo di tonnellate di CO2 all’anno, malgrado – fa sapere l’azienda nella Sintesi non tecnica dello Studio di impatto ambientale – l’impianto sia pronto per l’innesto di un sistema di Carbon Capture and Storage (Ccs), la tecnologia del cosiddetto carbone pulito. La predisposizione citata nel progetto degli svizzeri, infatti, non garantisce il totale, prossimo o definitivo impiego di un sistema Css. Anche perché, sottolinea Legambiente Calabria, non sarà disponibile prima di venti anni. E cosa ancora più grave, l’impianto di Saline non è nella lista delle centrali finanziate dall’Unione europea per portare avanti gli studi sulla nuova tecnologia.
 
Questa nuova centrale a carbone rischia quindi di generare anche un caso diplomatico all’interno della maggioranza. Il sì alla Via, infatti, si scontra con il parere nettamente negativo già espresso lo scorso 8 giugno, per la parte di competenza, dal ministero per i Beni e le attività culturali. «Per non parlare – afferma Nuccio Barillà, del direttivo nazionale di legambiente – della pesante “denegata intesa” da parte della Regione Calabria espressa dalla precedente giunta Loiero  e, salvo imprevedibili sorprese, confermata dalla giunta Scopelliti. A quel punto – continua Barillà – la “palla”, per la decisione finale, passerebbe direttamente al Consiglio dei ministri che, per dire sì, dovrebbe assumersi la responsabilità di operare la “forzatura” e di andare in rotta di collisione oltre che con un suo importante dicastero, con una Regione, peraltro del suo stesso colore politico».
 
Attorno all’ingente investimento di un miliardo e 200mila euro per la costruzione della centrale ci sono tanti appetiti, «Leciti e non – continua Barillà -. Sbaglia chi pensa che con il ricatto del denaro e dell’occupazionale di convincere la popolazione sulla bontà del progetto. A Saline lo scontro non è solo tra chi vuole imporre in modo coloniale un impianto nocivo e chi lo rifiuta, ma tra due visioni inconciliabili di politiche e scelte energetiche». Contro il progetto si sono espressi tanti Comuni, tra cui quello di Reggio Calabria e, con una nota ufficiale, l’amministrazione provinciale.

Vincenzo Mulè

tratto dal Quotidiano Nazionale “Terra”

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