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CENTRALE A CARBONE? LE ASSOCIAZIONI PRESENTANO IL RICORSO

29 novembre 2012 Nessun Commento

Presentato oggi da Greenpeace, Legambiente, LIPU e WWF Italia il ricorso contro la costruzione della centrale a carbone di Saline Joniche di Montebello Jonico, autorizzata dalla presidenza del Consiglio dei Ministri. Questa la notizia fatta giungere dagli uffici stampa delle diverse associazioni le quali affermano che in Italia è necessario fermare le lobby del carbone partendo da Saline fino a Porto Tolle e Vado Ligure l’eliminazione della quota del 13% di carbone dalla Strategia Energetica Nazionale. Le associazioni nazionali ambientaliste affermano che “La stessa Repower ha recentemente ammesso che non costruirebbe mai una centrale come quella di Saline Joniche in Svizzera. Dovrebbero però spiegare perché la stessa centrale, che a pieno regime emetterebbe ben 7,5 milioni di tonnellate di CO2 l’anno (per non parlare delle altre sostanze pericolose per la salute umana), dovrebbe essere tollerata dai calabresi”. Tra l’altro, precisano “è una domanda che anche nel Canton dei Grigioni, pongono movimenti, partiti e associazioni” nettamente contrari all’investimento di Repower in Calabria i quali chiedono persino l’espressione del voto attraverso un referendum. Per quanto riguarda il riferimento della tecnologia della cattura e confinamento geologico della CO2, allo stato attuale, precisano e nel futuro più prossimo è impraticabile, in quanto ancora in via di sperimentazione, non matura e insostenibile economicamente, comunque non applicabile in zone sismiche come Saline Joniche. L’autorizzazione, si legge, alla costruzione di questa centrale “è stata concessa dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (DPCM) calpestando, con una evidente forzatura, la volontà istituzionale e sociale dei territori interessati, e a dispetto di svariate controindicazioni”. Di fatto le istituzioni calabresi hanno espresso a gran voce il proprio “no” ma nonostante ciò è stato, tra l’altro, “bypassato il Piano Energetico della Regione Calabria (che a sua volta ha presentato un ricorso motivato) che vieta espressamente la costruzione di centrali a carbone sul proprio territorio e punta decisamente sul mix fatto di rinnovabili ed efficienza energetica”. Ciò che fa rabbia ai calabresi è quindi l’assenza di ascolto da parte dello Stato che ha autorizzato un’opera non voluta dalla collettività e dalle stesse istituzioni locali. Tra l’altro ad avviso delle associazioni ambientaliste e delle istituzioni calabresi, la presenza di una centrale contrarrebbe fortemente le possibilità di crescita turistica di questa terra. Le associazioni ambientaliste hanno evidenziato le potenzialità e le eccellenze ambientali, naturalistiche e culturali nonché la valenza turistica e le piantagioni di bergamotto, che in nessuna parte del mondo, se non in quest’area, riesce a produrre e vegetare. In questo senso, dicono, “l’autorizzazione accordata dal DPCM suona come un’arrogante e coloniale ingerenza nei confronti di una Regione che con coerenza e lungimiranza, prima di altre e prima del Governo nazionale, vede nella sostenibilità e nell’economia a basse emissioni di CO2 un motore per il proprio sviluppo a medio-lungo termine, e vanifica anche i progetti concreti che si stanno indirizzando in questa nuova direzione”. Va anche considerato, aggiungono che “la centrale a carbone di Saline Joniche stravolgerebbe l’ecosistema marino e terrestre dell’Area Grecanica e della Costa Viola, minaccerebbe ben 18 aree vincolate (secondo il Ministero dei Beni Culturali), di cui ben 5 Siti di Importanza Comunitaria, in pieno contrasto con la direttiva europea Habitat. Basterebbe considerare il trasporto dell’elettricità prodotta attraverso un elettrodotto ritenuto fortemente impattante sul paesaggio reggino dallo stesso Ministero dei Beni Culturali”. Poi le associazioni tuonano affermando che la centrale “minaccerebbe gravemente la salute delle popolazioni locali: una stima dei danni basata sulla metodologia della European Environmental Agency (EEA) mostra come la centrale a pieno regime causerebbe in un anno 44 morti premature, 101 milioni di € di costi sanitari, 500.000 € di danni all’agricoltura a ben 250 milioni di € causati dalle ingenti emissioni di CO2”. Tra l’altro precisano “ci si chiede a cosa serva la costruzione di una nuova centrale, visto che a fronte di una richiesta energetica storica massima di 56.822 MW (avvenuta nel 2007), l’Italia già dispone di una potenza installata che supera i 118.443 MW”. Da Saline, quindi, si dice “no al carbone” e da qui le associazioni si dicono pronte a combattere in modo determinato contro la costruzione della centrale.

Vincenzo Malacrinò

pubblicato su “il Quotidiano della Calabria”

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