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IL SUONO DELLA CIARAMEDDHA DI GINO NUCERA

5 gennaio 2010 Nessun Commento
Ancora oggi è possibile apprezzare e gustare il suono della “ciarameddha”, antico strumento pastorale utilizzato nel passato per allietare le serate di festa e principalmente nelle ricorrenze delle festività.

Tra queste quelle natalizie hanno rappresentato l’apice.

Ancora oggi è così. O meglio oggi questo suono, se pur raramente è possibile apprezzarlo in prossimità del natale.

Ecco che Gino Nucera, originario di Bova mantiene ferma la su antica tradizione, quella appresa dai nonni e nello specifico da un suo anziano zio.

Per il Natale, Nucera usa fare così come si faceva un tempo: girare per i paesi a suonare “tu scendi dalle stelle” ed altri canti tipici natalizi.

Così è giunto anche a Montebello.

Tra le viuzze dell’antico paese sentire la “ciarameddha” fa veramente un effetto indescrivibile.
E’ come se i muri parlassero la lingua di un tempo.

Così non ho potuto fare a meno di fermarmi a parlare con lui.

Cordiale e disponibile Nucera, spiega come è fatta una “ciarameddha”.

Si tratta di una pelle di capra. Tutta intera. legata in alcuni punti e precisamente in corrispondenza delle zampe.

Gino Nucera che da oltre 20 anni fa lo zampognaro, aveva 15 anni quando iniziava a suonare i fischietti.

La sua zampogna è costruita interamente a mano. Tutta artigianale. La pelle di capra è girata al contrario. Non ci sono cuciture e tutta la pelle è un unico pezzo.

La pelle nel suo complesso si chiama “utri” mentre l’elemento da dove si inserisce l’aria per suonare prende il nome di “soffietto”.

Segue la “busciola”. Sarebbe la parte grossa delle “trombe”, o meglio la base delle trombe che viene attaccata all’ “utre” in prossimità di quello che era il collo della capra.

Le zampe, invece vengono legati per evitare la fuoriuscita dell’aria.

Nella Zampogna, spiega Nucera, ci sono 5 canne dette “trombe”.
La quinta, la più piccola si chiama “cardiddhu”, la quarta “quarta”
la terza “primuddha”
la seconda “Zumbaco”
la prima “longa” .

Ma non è così semplice suonare e accordare una “ciarameddha” perchè basta una escursione termina per annullare l’accordatura fatta in precedenza.

Per accordare si usa la cera d’api che va messa ai fori delle varie trombe fino a quando non si raggiunge la tonalità voluta.

La cera si aggiunge con le mani ma si toglie con l’accordatore, un elemento strano ed antico chiamato “maitteddha” che viene realizzato con i denti di cinchiale.

Altro dato interessante è rappresentato dal tipo di legno che si utilizza per costruire una “ciarameddha”.

Si tratta di legno di “scannabecco” o di “broera” o di albicocco così come specifica il sig. Nucera.
Un legno che deve stare sotto terra per almeno 10 anni per maturare nel giusto modo.

Il sig. Nucera oggi vive a Roghudi nuovo e solitamente ogni anno visita i diversi paesi portando, attraverso questo strumento e la sua straordinaria sensibilità, aria di festa e toni di passato in questo presente che vive proiettato nel futuro, nostalgico delle radici ma spesso dimentico delle stesse.

Vincenzo Malacrinò


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