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I TRATTI ORIENTALI LASCIATI AL VENTO

27 marzo 2008 Nessun Commento
Montebello Jonico – La terra che fu culla della cultura greca e della tradizione passata conserva ancora, oggi, i segni indelebili di un tempo tutto da raccontare. Sono proprio questi che non vanno perduti o accantonati poiché manifestano il senso dei luoghi e l’identità del popolo.
A Montebello Jonico i ruderi della Chiesa di S. Anastasio, il persiano, e gli antichi affreschi, che ripropongono il volto del Santo, posti in uno spazio ben visibile, rappresentano ancora oggi il segno del tempo che lascia una traccia importante di sé al di là dell’incuria degli uomini e delle istituzioni che, spesso, sono lenti nel comprendere come e quanto le risorse archeologiche e ambientali sono patrimonio vero e trama su cui si fonda la “stoffa” di tutta una comunità.
Prova ne dà il fatto che a distanza di diversi secoli da quando i dipinti sono stati realizzati ancora oggi versano in uno stato di attesa. A dare conferma di ciò è il dott. Antonino Zema, medico neurologo ma da sempre con la passione della ricerca ed del recupero di ciò che riporta l’uomo indietro nel tempo attraverso testimonianze concrete come quelle che ancora Montebello ha la fortuna di annoverare.
E proprio Zema che è montebellese volutamente in un suo comunicato afferma che “la presenza in un territorio storicamente importante, come quello di Montebello, di un sito archeologico di epoca bizantina non è un evento che suscita meraviglia più di tanto”. Questo per confermare come la non operatività porta a lasciare alle intemperie e agli agenti atmosferici testimonianze di valore inestimabile.
I dipinti, infatti, risalenti al VI secolo d.C, ancora oggi, “stranamente”, a distanza di millequattrocento anni, sono discretamente conservati e ripropongono all’osservatore delle immagini uniche e rare.
“Nell’abside è visibile un meraviglioso affresco, realizzato con colori naturali, che raffigura un volto maschile con fattezze orientali. Trattasi, verosimilmente di Anastasio, soldato detto il persino perché proveniva da quelle terre. Convertitosi alla religione cristiana, al ritorno, in oriente, veniva decapitato e quindi il martirio.” Queste le parole di Antonino Zema nel descrivere quanto è rimasto facendo presente che, sicuramente, altro è stato distrutto dal momento che la Chiesa è stata distrutta e di essa rimane solo qualche rudere.
Anche Luigi Sclapari, storico montebellese, nelle sue ricerche ha menzionato il sito archelogico e l’urgenza di recuperarlo. Lo stesso ha fatto il prof. Domenico Minuto, esperto della cultura bizantina e quanti comprendono la rarità di quanto presente in Montebello.
Antonino Zema ha evidenziato, nel suo comunicato, l’importanza di iniziare i lavori di recupero perché la storia passata circoscritta in pochi metri quadrati di dipinto va oltre ed ha necessità di essere raccontata.
Lasciare agli agenti atmosferici quanto è rimasto dei colori e delle forme è, sicuramente, un modo inspiegabile di cancellare il passato.
Dopo vari interessamenti sul sito proposti anche dallo stesso Zema in Montebello è giunto anche un esperto inviato dalla Sovrintendenza alle Belle Arti della Calabria al fine di prendere visione dello stato dei luoghi e suggerire, quindi, la progettazione ed il recupero dell’opera.
È importante, ha affermato Zema che i lavori e i beni restino sono stati là dove sono sempre stati. Questo non è un desiderio individuale ma di tutta la comunità. Al sindaco e agli amministratori l’invito a prendersi carico di questa importante istanza perché se tutto è durato per millequattrocento anni, certamente non deve essere l’incuria dell’uomo “moderno” a cancellare le radici del passato.

Vincenzo Malacrinò

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