Home » Attualità, Eventi, eventi religiosi, Featured, Headline, Il Quotidiano della Calabria, riflessioni

LA CROCE DI LAMPEDUSA NELL’ARCIDIOCESI DI REGGIO CALABRIA – BOVA

16 giugno 2015 Nessun Commento

Montebello Jonico –  La Croce di Lampedusa dopo essere stata portata in diverse zone pastorali dell’Arcidiocesi di Reggio Calabria – Bova, ora, è partita verso Genova.

“Portatela ovunque” queste le parole del Papa Francesco pronunciate il 9 aprile 2014, dopo averla benedetta in Piazza S. Pietro, affinchè potesse giungere in diverse terre il suono dell’amore mentre si medita sul grido della sofferenza che spesso taglia l’uomo nella sua parte più intima.

Quella Croce è speciale perché costruita con il legno di uno dei tanti barconi utilizzati per i viaggi della speranza che “tagliano” il canale di Sicilia per giungere alla terraferma lasciando alle spalle terrori ed orrori umani.

Una Croce che parla di Gesù in maniera eloquente per diversi motivi: anche questa, al pari di quella utilizzata per la crocifissione, ha sorretto l’uomo mentre lottava tra la vita e la morte. Anche questa è stata culla di un passaggio tra il mondo dei vivi e quello dell’eternità; ed anche questa ha raccolto speranze e dolori, paure ed angosce, lacrime di donne, anziani e di bambini che ai piedi della nave si chiedevano il “perché” di quanto stava per accadere.

Un legno che narra una storia, quella dell’uomo, spesso costretto a fuggire perché perseguitato o torturato dai suoi stessi simili; un legno che parla gente  giunta all’altra parte della riva o forse mai arrivata perché inghiottita dalla furia delle onde.

In quel legno c’è quanto sfugge al superficiale sguardo umano: la voglia di vivere fino al punto di poter anche morire. Un paradosso che, però, eleva l’alto valore della vita.

Così nei giorni scorsi la Croce di Lampedusa dopo essere stata accolta dall’Arcivescovo di Reggio Calabria Bova, Mons. Giuseppe Fiorini Morosini, nel Duomo di Reggio Calabria, è partita per le diverse zone pastorali portando ai fedeli il messaggio della speranza e della meditazione.

Tante le parrocchie visitate e tanta l’amozione respirata come quella vissuta nella Chiesa di Montebello J.  e di Masella. I fedeli hanno fatto parlare il silenzio e la meditazione chiedendosi qual è oggi il senso di essere figli di Dio così come indicato dal parroco don Giovanni Gattuso il quale nelle S. Messe ha ricordato i fratelli morti in mare e quelli che vivono la sofferenza dettata dall’egoismo umano.  Il parroco, ha inoltre ricordato come anche Gesù, Maria e Giuseppe sono stati costretti a fuggire verso terre ospitali per vincere l’indifferenza e la diffidenza di chi li perseguitava. In ogni volto, ha detto il parroco, c’è il volto di Gesù, nato morto e risorto per ogni uomo.

Alla signora Bruna Mangiola, Responsabile del Coordinamento Ecclesiale Diocesano Sbarchi, presente assieme al volontario  Alessandro Cartisano, sono stati consegnati circa 800 euro per l’emergenza sbarchi.

I volontari che accompagnano la Croce hanno proiettato un video dal quale emergeva la forza della vita, dell’uomo capace di superare ogni cosa, persino il deserto, le prigioni, le percosse e le violenze, pur di raggiungere la libertà come è il caso dei tanti profughi giunti a Reggio Calabria in un contesto di accoglienza e dove la Caritas diocesana ha un ruolo rilevante.

La Chiesa, oggi come un tempo, sta dalla parte degli ultimi e aiuta a risollevarsi chi è caduto nella polvere o, come in questo caso, chi si trova in mezzo al mare, dove le alte onde dell’insicurezza interiore coprono  persino la visione della propria esistenza.

Dall’altra parte del mare e in mezzo al mare, uomini trattati come bestie, donne a cui è stato negato il diritto di vivere e bambini a cui è stata spezzata la speranza di sognare.

Vite in frantumi a causa dell’odio umano  incapace di accogliere il proprio simile. Questo racconta il legno di Lampedusa ma non la Croce poiché è segno di speranza, di vita che rinasce anche quando tutto sembra remare contro.

La Caritas diocesana è messaggera di fiducia e di pace, di giustizia e  di verità. Sentimenti che si trasferiscono attraverso i tanti volontari presenti e i tanti sacerdoti e suore impegnati in prima linea nel percorso dell’accoglienza e della restituzione della dignità umana.  Essere tra gli ultimi per servire il Vangelo ponendo al primo posto la Croce quale segno di speranza per la costruzione di un futuro migliore. Per questo l’Arcivescovo Giuseppe Fiorini Morosini ha sempre invitato le diverse realtà parrocchiali a scendere in campo per essere  Chiesa in uscita, Chiesa che raggiunge le periferie e non solo geografiche ma prima di tutto dell’animo.

Su quei barconi poteva esserci chiunque. Questo è il messaggio. Nell’altro è presente l’ “io”. Da qui l’urgenza di abbandonare ogni forma di pregiudizio per essere  semplicemente fratello.

Il colore della pelle, la nazionalità e la storia personale  poco importano poiché il filo conduttore capace di rendere uguali gli uomini è l’animo.  Il senso di sofferenza, di gioia, di tristezza o di angoscia è uguale sotto qualsiasi colore di pelle e dietro qualsiasi nazionalità.

La Croce rende tutti uguali ed è attraverso la Croce che l’umanità è stata redenta poiché su quel Legno Gesù è morto per poi risorgere per tutti e non per alcuni.

Vincenzo Malacrinò

 

pubblicato su “il Quotidiano della Calabria”

Lascia un Commento