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LA FESTA DELLA KIMISIS TIS THEOTOKOU

2 febbraio 2014 Nessun Commento

La festa della  Kìmisis tis Theotòkou

 

Solo a Montebello Jonico in Calabria e a Tinos, arcipelago delle isole Cicladi in Grecia, si celebra la festa della Kìmisis tis Theotòkou, ossia la Dormizione della Madre di Dio.

Una celebrazione religiosa molto diffuso in oriente, rimasta viva nell’occidente solo in questi due luoghi.

La tradizione della Kìmisis tis Theotokou, non si è mai fermata nel tempo. Anno dopo anno i fedeli hanno sempre ripercorso l’antica processione senza mai fermarsi.

La Calabria, ancora una volta, attraverso Montebello Jonico, si presta bene ad entrare in una tradizione assai antica che poggia le sue fondamenta nel tempo passato facendo così da ponte tra oriente ed occidente.

Vivere, ogni anno, la festa della Kìmisis tis Theotòkou coincide con la possibilità di  calarsi nei secoli remoti quando ancora a Montebello Jonico, così come nelle terre dell’Antica Grecia, i cattolici celebravano la Divina Liturgia in rito greco-bizantino.

Un rito che durò fino al 1700 per poi essere sostituito da quello latino.

A Montebello Jonico, però attraverso la significativa azione del professore Luigi Sclapari della deputazione di Storia Patria e dell’allora Arciprete don Cosimo Latella, nel 1997, venne riportato in luce l’antico rito se pur per due giorni all’anno.

Il 14 e il 15 agosto, anche se a volte solo uno di questi due giorni, a Montebello Jonico si celebra in rito greco-bizantino con i preti, noti con il termine di “Papas”, che provengono dalla Eparchia (Diocesi) della vicina Lungro, in provincia di Cosenza o dal Belgio come è accaduto in passato e anche quest’anno.

P. Giacomo Enghels da un lato, P. Ivan Pitra dall’altro, così come lo Zot Antonio Bellusci e tanti altri  Papas, hanno contribuito e contribuiscono a mantenere vivo non solo il ricordo ma tutta una storia passata che appartiene al popolo di Montebello Jonico e non solo.

In abiti e paramenti Sacri di altri tempi, i greci-bizantini conquistano il cuore di chi vive questo tempo. L’incensiere con le dodici campanelle, che indicano i dodici apostoli,  molto narra sulla meticolosità dei simboli che caratterizzano tutta la liturgia bizantina, così come le due porte che vengono collocate sull’altare ed ancora la grande attenzione che si pone nel momento della Consacrazione così come nella lettura cantata del Vangelo.

La Messa in rito greco-bizantino è una celebrazione carica di significati. Cambia la forma ma non la sostanza. Sono sempre preti cattolici che celebrano secondo l’antico rito.

Si celebra in greco e per la maggior parte cantando senza accompagnamento con strumenti musicali ed il popolo risponde in questa lingua pur non conoscendola.  È come se la stessa fosse presente nello spirito da sempre.

Lo stesso accade per la celebrazione dei Vespri che di solito precedono la processione della Kìmisis tis Theotòkou.

Partecipare a questa festa, significa percepire l’essenza di un passato mai scomparso poiché proiettato nell’oggi e nel futuro necessitante  di mantenere in vita le tradizioni e le esternazioni della fede di un popolo che pur essendo tramontato ancora vive attraverso quanti hanno ereditato e detengono questo straordinario patrimonio insito nel proprio spirito.

Quando nelle terre del feudo di Montebello Jonico, un tempo si parlava greco, là nelle Chiese della Protopapale dell’Isòdia (oggi Arcipretale della Presentazione),  la presenza di preti e chierici di rito greco (Papàs) pullulava, mentre veniva introdotta la festività della Kìmisis tis Theotòkou quale momento centrale di devozione e di  riflessione per tutto il popolo.

Già durante il periodo borbonico, nella prima metà del diciannovesimo, secolo, si ha traccia di questa festa, in quanto, così come emerge dagli studi dello storico Sclapari, da alcuni scritti si evidenziano i dialoghi in merito alla festa tra la Chiesa, il sindaco e il decurionato.

Si parlava del quindicinario di preghiera che si teneva consecutivamente al Camposanto.

Il quindicinario di un tempo che si svolgeva nella cappella del Camposanto è stato sintetizzato nella novena, sin dai primi del novecento e si svolge nella Chiesa Arcipretale della Presentazione.

Nel Camposanto, oggi, si celebra la conclusione della preghiera itinerante con la benedizione finale.

È bene specificare che in passato, la processione avveniva il primo di agosto ed ogni giorno venivano recitate preghiere ed orazioni dai fedeli che salivano  dal paese accompagnati e preceduti  dal cappellano: prete il cui ufficio principale era quello di accompagnare i defunti.

Oggi come allora, nonostante qualche piccola modifica, si celebra la stessa festa che affonda le radici in quell’oriente che ha trasmigrato fin qui i pilastri portanti della grecità.

Lo storico montebellese Luigi Sclapari, attento ricercatore che dimostra spiccato interesse anche su problematiche di carattere  culturale – religioso  ha evidenziato più volte come la festa della “Kìmisis” si può considerare  “bicefala” perchè poggiata tra oriente ed occidente.

Di orientale conserva il quindicinario  di preparazione alla festa, di cui esiste un documento, risalente al  1864, presso l’archivio comunale.

La festa della Kìmisis tis Theotòkou, consiste in una profonda meditazione sulla vita attraverso l’esempio di Maria Assunta in Cielo in corpo e anima.

Si parla solo di vita. La Madonna, infatti, non è mai morta poiché si è addormentata passando dalla vita ad un’altra vita. Ecco il senso della Kìmisis tis Theotòkou.

La sera del 14 agosto il quadro, raffigurante la Dormizione – Assunzione, dopo la celebrazione della Santa Messa o dei Vespri in rito greco –bizantino, viene portato in mesta processione orante dalla Chiesa Arcipretale della Presentazione, un tempo Protopapale dell’Isòdia, fino al Camposanto.

Uomini, donne, ragazzi, anziani e bambini si ritrovano dentro la Chiesa dell’Isodìa per accompagnare, in processione, il quadro della Madonna nel giorno che per tutti rappresenta il momento apicale della riflessione sulla vita eterna e sull’Assunzione.

Dentro la Protopapale, sera del 14 agosto,  i fedeli si radunano intorno al dipinto per abbracciarlo e portarlo tra le mani verso il cimitero.

Sono anche le donne a stringere tra le braccia l’enorme cornice e a farsi carico, nella salita, di quel dolce peso che dà felicità nel portarlo.

I fedeli rappresentano gli Apostoli che  nel silenzio della preghiera accompagnano Maria verso il cammino della vita.

Una processione silenziosa perché carica di meditazione: Maria viene portata nel luogo in cui sono presenti i resti mortali dei defunti che già vivono la vita eterna.

Al Camposanto, infatti, c’è solo il corpo degli uomini poiché lo spirito è già risorto e vive accanto a Dio.

Durante il tragitto solo preghiere, canti ed invocazioni; niente banda musicale proprio per dare maggiore spazio alla meditazione.

Anticamente era usuale il suono rullante del tamburo con tocchi lenti quasi, paradossalmente, silenziosi.

Lungo il percorso oggi, si incontrano donne che per voto percorrono scalze tutta la processione.

In tarda serata, quasi con il buio, si giunge al Camposanto dove viene lasciata l’effigie per poi riportarla in Chiesa, la mattina del 15 agosto, in modo gioioso e festante: si celebra, infatti, la festa dell’Assunzione.

Il 15 è il giorno della vita, della risurrezione e quindi dell’Assunzione che ricorda a tutti la vittoria della vita sulla morte e l’elevazione del Corpo di Maria in cielo.

Questo evento fondeva e fonde la tradizione orientale che scandisce molto i momenti della vita terrena di Maria e quella occidentale che esalta in maniera grandiosa l’elevazione della Madonna in cielo in corpo ed anima.

Nel borgo Medievale, caratteristico per le piccole viuzze e per le  abitazioni attaccate l’una all’altra, come a voler manifestare la profonda condivisione ed unione delle persone che vivono la vita del paese, nel periodo di Agosto è una vera festa.

Per le vie di Montebello Jonico, il 14 e il 15 agosto amore e fede si fondono per regalare, in un nobile abbraccio, il senso della spiritualità antica che mai è tramontata.

È un ritornare indietro nel tempo per dare respiro ai momenti che hanno visto partecipi i propri avi ad una celebrazione religiosa che il popolo ancora oggi sente viva e profonda.

Mentre si scende dal cimitero, per le strade, atti di grande devozione popolare caratterizzano ogni momento come la sosta del quadro davanti alle abitazioni di chi si pone alla porta per salutare la Madre di Dio e di ogni figlio.

Singolare è il saluto degli ammalati mentre volgono lo sguardo al dolce Volto Materno di Maria che ispira fiducia e serenità.

Alcuni fedeli lanciano il riso e il grano in segno di saluto e quale richiesta di benedizione alla Madonna mentre si chiede protezione per ogni Suo figlio.

Intanto le campane che suonano a festa accolgono il quadro mentre rientra in Chiesa.

Il quindici, ieri come oggi, rappresenta un giorno singolare per tutti.

Il dipinto del 1800,  che viene custodito nella Chiesa Protopapale dell’Isòdia, rappresenta in modo molto agile tutto  il percorso della Dormizione e della Resurrezione. Abilmente l’autore centra nella tela con i colori e la rappresentazione l’essenza del messaggio: Maria lascia il sepolcro e viene assunta in cielo in corpo ed anima.

Il dipinto rappresenta dunque in modo chiaro i due momenti fondamentali della festa, ossia, la Dormizione e l’Assunzione di Maria Santissima.

Nel quadro, infatti, si osservano fini e variopinti colori che nelle forme raffigurano un Sepolcro vuoto e Maria SS. Assunta in cielo con gli Angeli e i Santi alla destra ed alla sinistra.

La processione della Kìmisis tis Theotokou, così come affermato dallo storico Luigi Sclapari, è molto simbolica perché si poggia su due punti essenziali: il cimitero, luogo della morte biologica  e la Chiesa che è luogo della vita.

Ecco quindi che la deposizione del quadro al Camposanto ricorda l’evento storico del passaggio dalla vita all’altra vita da parte della Madonna.

Un passaggio avvenuto in modo diverso rispetto a tutti gli altri figli di Dio perché il Suo Corpo è stato sottratto dalla morte biologica per essere assunto in Cielo e portato accanto a Dio.

Ecco il significato del Sepolcro vuoto e di Maria trionfante mentre volge lo sguardo al cielo.

Montebello Jonico non conserva solo questa particolare festa liturgica della Kìmisis tis Theotokou ma anche quella dell’Isòdia, ossia della Presentazione di Maria Bambina al Tempio. Una festa, questa, che in occidente si celebra a Montebello Jonico e nella vicina Bova.

Tra l’altro è da sottolineare che la Chiesa Madre di Montebello Jonico dedicata all’Isòdia è stata eretta secondo quanto affermato dallo storico reggino Padre Francesco Russo, sin dal XII secolo.

Indicazioni sulla Presentazione (Isòdia) specifica Sclapari, sono desumibili dal  Protovangelo di Giacomo che racconta con dovizia di particolari questo momento della vita umana di Maria.

La festa della Presentazione e della Dormizione sono, afferma Luigi  Sclapari, di origine orientale,  documenti lo attestano e la presenza in Montebello Jonico di queste festività risalgono a tempi molto lontani.

Questi elementi ed altri come per esempio la presenza di opere architettoniche (S. Anastasio e S. Giovanni sopra Fossato) e pittoriche (S. Anastasio) dimostrano la sicura appartenenza a quell’area dell’Antica Grecia presente in Calabria.

Montebello Jonico, quindi, mostra con chiarezza di detenere ancora vivo il segno del lontano passato anche attraverso la festa Kìmisis tis Theotòkou e del rito greco – bizantino.

Montebello assieme a Pentidattilo, San Lorenzo, Motta San Giovanni, e Sant’Agata costituiva la diocesi greca all’interno di quella latina. Queste erano le cinque Terre di rito Greco nella diocesi di Reggio Calabria.

Montebello Jonico, dunque, pone la Calabria quale ponte tra oriente ed occidente mantenendo viva la spiritualità di un mondo che ha tanto da raccontare.

Vincenzo Malacrinò

 

Maggiori approfondimenti sulla storia greca di Montebello Jonico si possono attingere dal libro “Grecità di Montebello Jonico” di Luigi Sclapari – Arti Grafiche Edizioni, 2009.

nella sezione “foto” sono disponibili diverse fotografie relative alla festa della Kìmisis tis Theotòkou

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